mercoledì 4 aprile 2007

Ralfe Band, Swords

Swords, album d'esordio del trio britannico Ralfe Band, porta il folk europeo a nuovi livelli di sperimentazione vintage, tracciando un solco nella musica contemporanea occidentale.

(Cd, Skint Records, 2007)

nu-folk

8/10


Sentire un frontman parlare di quanto la sua band sia influenzata da Dylan, Waits, Sate, Beck o Captain Beefheart non mi fa guardare con troppa fiducia a chi ha pronunciato certe parole. Ma dopo aver ascoltato Swords, album dell'esordiente Ralfe Band, mi sono dovuto ricredere.

Oly Ralfe, Andrew Mitchell e John Greswell compongono la Ralfe Band, big thing londinese grazie ai singoli Albatross Walze e Fifteen Hundred Years che hanno preceduto l'uscita dell'album d'esordio. La critica ha atteso il trio sin dal 2004, anno della prima apparizione pubblica, e nel 2005, firmato un contratto con la Skint Records (la stessa etichetta, tanto per intenderci, di Fatboy Slim e Lo Fidelity All Stars), la prima opera della band ripaga dell'attesa scontata. Le speranze prodotte da questo trio non si sono rivelate semplici illusioni con l'album seguente, Woman of Japan; distribuito nell'aprile 2006, anche il secondo album prosegue sulla scia un po' visionaria ed un po' cantautorale della Band, concedendo spazio a nuove sperimentazioni dal sapore dannatamente vintage.

Costringere in una etichetta un album (ma soprattutto una band) del genere è un po' come cercare di capovolgere velocemente un barattolo pieno di marmellata: puoi essere bravo finché vuoi, ma qualcosa fuori ci scapperà sempre. L'etichetta più comprensiva, nonostante questo, è quella di album nu-folk: le parole sono le stesse del folk vecchia maniera (certo, sentire miscelati quello americano e quello dell'est europeo fa correre un brivido lungo la schiena), ma se tra un accordion ed una viola ci scappa un sintetizzatore i linguaggi sono decisamente moderni. Come dicevamo, un limite del genere non è sufficiente per una band di tale caratura: le atmosfere suscitate vanno al di là del semplice folk, e svelano quale attenzione sia stata dedicata ad una scrittura musicale semplice ma di grande effetto, mosaico di colori ed emozioni. Molto spesso mondi agresti, come esigerebbe la tradizione, ma in continuo movimento, in perpetue involuzioni e rivoluzioni, oggetto di spasmi creativi violenti ed improvvisi. In brani ad ampio respiro come Albatross Walze, un folk in tre quarti in cui la Ralfe Band riesce ad infilare suoni di giocattoli (marchio di fabbrica del gruppo) e chitarre elettriche, o Crow troviamo quelle influenze che Oly imputa all'est europeo. In altri, come Parkbench Blues, a farla da padrona sono le atmosfere, le ambientazioni, create da un'assoluta armonia di strumenti e voce, oppure, in tracce come Bruno Mindhorn, più serrate e veloci, è l'uso di sintetizzatori a tessere le trame del pezzo.

Un ottimo album d'esordio, quindi, per un trio che si è fatto attendere ed ha saputo farsi desiderare, una ventata d'aria fresca sulla scena britannica ed europea. Un'opera godibilissima e frutto di un sapiente lavoro di scrittura e di cesello per una band che di sicuro saprà (e già lo sta facendo) far parlare di sé.

Di Giulio Cisamolo

1 commento:

Beat Cippe ha detto...

giuggino!! hai toppato il link alla fufferia!! hai messo lafufferia.splinder.com!;) ciau