lunedì 30 aprile 2007

Fred Anderson and Hamid Drake, From the River to the Ocean

Se il moderno jazz statunitense potesse parlare, molto probabilmente spenderebbe un paio di parole di ringraziamento per queste due leggende viventi dell'improvisazione


Fred Anderson and Hamid Drake

From the River to the Ocean

(Cd, Thrill Jockey, 2007)

jazz

8/10


Fred Anderson ed Hamid Drake, entrambi cresciuti nelle strade di Chicago, città molto più famosa per la House of Blues che per la Velvet Lounge, sono tornati con un album, From the River to the Ocean, che li vede collaborare per la seconda volta dopo Back Together Again, datato 2004.

Sassofonista tenore provetto, Anderson si fa le ossa suonando con pezzi grossi del jazz statunitense del calibro di Billy Brumfield (celeberrimo trombettista) e Joseph Jarman, con il quale collabora per la realizzazione di "As If It Were the Season" ("Little fox Run", contenuta nell'album , è frutto della scrittura di Anderson), fino ad arrivare a fondare la AACM (Associazione per lo Sviluppo della Musica Creativa, http://aacmchicago.org/) e ad aprire la Velvet Lounge, una vetrina dalla quale gli artisti dell'associazione possono sperimentare liberamente la loro creatività.

Percussionista venerato, Hamid Drake nel corso degli anni ha a sua volta legato il nome alle collaborazioni, oltre che con Fred Anderson, con William Parker, bassista della Big Apple, con David Murray, con Adam Rudolph, con Bretzmann e con Vandemark, tanto da trascorrere molto più tempo sul tour bous che nella sua villa a Chicago.

Se eravamo rimasti favorevolmente impressionati dal primo album in cui comparivano insieme, non possiamo che notare quanto la loro alchimia si sia accresciuta, quanto la loro intesa, che sembrava già allora perfetta, sia migliorata ulteriormente. Raccolto al loro seguito un gruppo di musicisti provenienti come loro da Chicago (Jeff Parker, chitarra, Harrison Bankhead, violoncello, e Josh Abrams, al basso e al guimbiri), la coppia è entrata negli John McEntire's Soma Studios per uscirne con un album che oseremmo già definire come il migliore dell'intera produzione dei due, non fosse altro che potremmo, a questo punto, aspettarci una nuova sorpresa dall'ennesimo album ci auguriamo venga prodotto dal duo.

From the River to the Ocean esplora un amplissimo range di possibilità espressive che Anderson e Drake si riservano: si spazia, infatti, dal classico blues di Strut Time ad una traccia più spirituale e meditativa come può essere For Brother Thompson, dedicata al trombettista Thompson, mentre From River to the Ocean e Sakti/Shiva vedono il bassista Johs Abrams alle prese con il guimbri, un basso a tre corde della tradizione africana e Drake con i ritmi tribali africani e americani, caricandoli delle sue conoscenze su quelli caraibici.

Nonostante il lungo tempo di ascolto che queste tracce esigono quello che abbiamo per le mani è un album veramente piacevole, aperto ad un ascolto semplice per i meno preparati sul genere, che però riserva alcune complesse sorprese per chi le sappia sentire; l'ennesima prova che la buona musica non è rimasta nei solchi di un vinile, ma che grazie ad alcuni coraggiosi continua a vivere, anche rinchiusa in un freddo iPod.

Da www.rockshock.it

domenica 29 aprile 2007

Sakebi-Retribution di Kurosawa Kiyoshi

Yoshioka, detective della omicidi di Tokio, viene assegnato ad un caso in cui la vittima è una donna affogata in mare. Le indagini ristagnano quando, a distanza di pochi giorni, viene trovato morto un giovane studente di liceo, anch’egli affogato in acqua di mare. Gli indizi portano tutti verso il padre, che confessa l’omicidio del figlio ma non quello precedente della donna. In più l’uomo sembra aver perso il senno: si sente minacciato da una donna vestita di rosso che solo lui riesce a vedere.

Dopo pochi giorni avviene un altro omicidio. Stesso modus operandi, diverso colpevole; questa volta, infatti, si tratta di una donna che ha affogato il borioso amante. Yoshioka non riesce a trovare un fil rouge che unisca questi tre casi, fin quando non comincia anche lui a vedere la donna in rosso; questa, occhi vitrei e pelle bianchissima, appare urlando ed accusando il detective. In Yoshioka si insinua il tarlo del dubbio: che sia stato proprio lui ad affogare quelle tre persone per poi rimuovere il tutto?
I nodi vengono al pettine quando l’eroe comincia ad indagare sullo spettro rosso, in base ai pochi elementi da lui stesso forniti. Lo scopre essere lo spirito vendicativo di una donna abbandonata dai cari in un edificio in rovina situato in un porto di Tokio; lo spirito entra nel corpo delle persone, trasferendo loro i propri sentimenti di solitudine e rabbia, e spingendoli ad affogare quelle persone dalle quali sono trattate male. Una volta fatta luce sul mistero lo spirito si quieta, e le sue ossa posso tornare alla terra. Yoshioka ottiene il perdono dalla donna senza pace, ma a quale prezzo? Ricordare tutto ciò che egli aveva rimosso.

Kurosawa, archiviato Loft, ennesimo bel capitolo horror della sua carriera, sforna questo lavoro quanto meno particolare. Quello che per la prima ora sembra un mediocre poliziesco, improvvisamente si tramuta in un mediocre horror. La parte del film che segue i canoni del thriller poliziesco risulta troppo lenta e senza sbocchi precisi. La parte horror aggiunge molta confusione, con un climax caotico finale, che guasta la visione.
Detto questo va dato a Kiyoshi quel che è di Kiyoshi: la messa in scena del veterano nipponico è sempre eccelsa, la regia attenta e bella da guardare, il montaggio interno esteticamente superiore alla media e la fotografia attenta come non mai. I problemi, come si è detto, restano tutti impigliati nella sceneggiatura e nello sviluppo narrativo.


Titolo originale: Sakebi
Nazione: Giappone
Anno: 2006 Durata: 103’
Regia: Kiyoshi Kurosawa
Sito ufficiale:
Cast: Kôji Yakusho, Manami Konishi, Hiroyuki Hirayama, Joe Odagiri
Produzione: Oz Co Ltd
Distribuzione: Mikado
Data di uscita: Venezia 2006

da www.nonsolocinema.com

L'Estate Di Mio Fratello di Piero Reggiani

Verona, 1970. Il piccolo Sergio non si trova bene nel mondo e preferisce restare da solo a fantasticare. Quando i suoi genitori, durante un’estate trascorsa in campagna, gli dicono che presto avrà un fratellino, comincia a pensare la sua vita con lui e finisce per immaginare di bruciarlo vivo su una graticola. Qualche giorno dopo la madre ha un aborto ed il piccolo Sergio si trova ad affrontare le sue grandi colpe.

Pietro Reggiani, figlio del grande critico Stefano, presenta, come lui stesso ammette, per l’ennesima volta al pubblico questo suo bel lavoro. Non si tratta infatti di una prima quella di ieri in un piccolo cinema di Verona; infatti dal 2003, anno in cui è stato girato il finale del film quando tutto il resto del girato risale al 1998, Reggiani ed i suoi ormai non più tanto piccoli attori hanno frequentato l’ambiente dei piccoli festival italiani, vincendo il Bergamo Film Meeting, ed approdando a New York, dove il Tribeca di Bob De Niro ha consegnato a questa pellicola il secondo premio.
Risulta molto sconsolante constatare come questo lavoro, alla ricerca di una distribuzione da ormai quasi tre anni, non riesca a trovare nessuno disposto a lanciarlo sul mercato. Eppure, pur essendo un film a bassissimo costo (girato in pellicola, costato 200.000 euro, un’inezia), questo ha tutta l’aria di un lavoro decisamente notevole. Narrativamente supremo, questo film riesce a descrivere la vicenda di questo bambino che dà pieno spazio alla propria fantasia, non le pone limiti. Reggiani quindi confonde, sovrappone, commistiona, giustappone i due piani della realtà e dell’immaginazione di Sergio che alla fine, per forza di cose, diventeranno tutt’uno. Assolutamente da non perdere, anche se purtroppo effettivamente si perderanno, le molte scene in cui il bimbo, sguinzagliando tutto il proprio potere immaginifico, cambia la realtà, la trasforma in qualcosa d’altro, in qualcosa di onirico, ironico e certamente più vivibile.
Altro grande elemento caratterizzante il film è lo splendido paesaggio della Lessinia; la scena dell’inseguimento di Sergio al fratellino immaginario ricorda molto, per l’utilizzo degli spazi aperti e dei campi lunghi e lunghissimi, il grande John Ford. Per concludere con un velo di sottilissima polemica: questo è un film ambientato negli anni ’70 ma non è un film sugli anni ’70; questa assenza di ammiccamenti, questo lirismo e questo aver preferito Vivaldi, Litsz e Mozart nella colonna sonora rispetto a qualche hit del tempo, questa volontà insomma di non inserirsi in quest’ultimo filone di cinema italiano frivolo e di successo al botteghino è probabilmente uno dei principali motivi della finora mancata distribuzione. Sinceramente, per il cinema e per lo spirito che anima, o dovrebbe animare la settima arte, va bene così.


Regia: Pietro Reggiani
Interpreti: Davide Veronese, Tommaso Ferro, Maria Paiato, Pietro Contempo
Sceneggiatura: Pietro Reggiani
Fotografia: Luca Coassin, Werther Germondari
Montaggio: Valentina Girodo, Alessandro Corradi
Produzione: Antonio Ciano per Nuvola Film
Durata: 81 minuti

da www.nonsolocinema.com