lunedì 9 aprile 2007

Wilco, Sky Blue Sky

Nati dallo scioglimento dei cugini di campagna Uncle Tolpedo, dal 1994 i Wilco si sono contraddistinti per la ferrea volontà di innovazione e sperimentazione, spaziando dal country al rock 'n' roll, dal prog al noise

(Cd, Nonesuch, 2007)

indie, country

7/10


Se con album come A.M. (1995) eravamo costretti ad ammettere che l'influenza alternative country era indiscutibilmente presente, via via che Jeff Tweedy e soci pubblicavano tracce ci siamo trovati a fare i conti con una realtà varia e multiforme: senza dimenticare ogni volta la lezione della fatica precedente, ci hanno stupito con album come Summerteeth (1999), votato al rock Velvet Underground-style, o Yankee Hotel Foxtrot (2002), le cui vaghe (molto vaghe, a dir la verità) sonorità noise hanno portato una ventata di aria fresca per la band e tra le schiere di fan. Tuttavia, con Sky Blue Sky torna a farsi sentire l'ingombrante eredità dei primi anni novanta e delle esperienze country. Dunque, un ritorno dopo la promettente parentesi in senso sperimentale dei dischi precedenti: ampie ed assolate spianate sonore e non sulle quali il gruppo traccia leggere melodie, armonie velate di country e sintetizzatori appena accennati; così l'album si muove tra generi diversi, indie, country, folk, leggero e studiato sin nei minimi dettagli allo stesso tempo, frutto di una mente geniale in grado di spaziare in forme e dimensioni nuove.


L'apertura dell'album è affidata a Either Way, dolce e delicata ballata, forse un poco melensa ma decisamente gradevole con la spruzzata di sintetizzatori in cima; l'atmosfera cambia repentinamente con You Are My Face, seconda traccia, dai toni più cupi, leggermente power rock, specialmente nel segmento centrale, segnato da chitarre tese più che altro a saturare l'intera banda. Se cercate una traccia “bandiera” dell'album penso la possiate trovare in Impossible Germany: le atmosfere troverete negli altri pezzi ci sono tutte, un po' indie ed un po' country quanto basta. A dare nome all'album è la quarta traccia, un pezzo acustico chitarra e
batteria da ascoltare seduti in riva ad un fosso di emiliana memoria. Degne di nota Walken, in cui un trascinante piano scorta l'ascoltatore dalla prima all'ultima nota, e On and On and On, nella quale gli strumenti si fanno temporaneamente da parte per lasciare spazio ad un fraseggio assolutamente brillante della voce.

Un ottimo album, come d'altronde potevamo aspettarci dalla factory Jeff & soci; se speravate in qualcosa di nuovo, in quest'album troverete sì qualcosa di fresco, ma non come sareste portati a credere; nuovo country, folk innovativo, geniale indie.

Da: www.rockshock.it