lunedì 2 aprile 2007

Cale & Clapton: una coppia che vale più di un poker

Cosa succede quando due chitarre che hanno scritto la storia del blues si incontrano? Semplice: producono un gran bel disco. Dopo oltre trent’anni passati a guardarsi con la coda dell'occhio e ad essere fonte di ispirazione l'uno per l'altro, J.J. Cale ed Eric Clapton decidono finalmente di collaborare ad un album, “Road to Escondido”, dedicato alla memoria di Billy Preston e di Brian Roylance, amici intimi di Clapton.

Apprezzavamo Clapton quando, con i nostri baffoni anni settanta, lo ascoltavamo con gli Yardbirds (in realtà solo nel primo album: mollò il gruppo quando il successo era appena all'orizzonte). Lo abbiamo seguito negli anni con i Cream prima, con i Blind Faith e i Derek & The Dominos poi. Sconosciuto invece ai più, complice una decisa misantropia, Cale è stato reso famoso da alcuni rifacimenti di pezzi da lui composti: “After Midnight” e “Cocaine” sono i brani che hanno lanciato al grande pubblico il talento solista di Clapton, il quale, a sua volta, ha mostrato a molti l'attività del bluesman Cale, quarant’ anni di musica per soli tredici album che però valgono tutto il tempo atteso per la pubblicazione.

Qui, nel loro incontro fatto di quattordici tracce di pura emozione i due ripercorrono la storia del blues-rock spaziando agilmente dalle ballate che vi aspettereste di sentire in un polveroso saloon di provincia (Dead End Road) ai ritmi più lounge che il blues possa permettersi (Sporting Life). Reduce dall'insuccesso di “Back Home”, Clapton non rinuncia ad un blues piuttosto easy, appiattito sui gusti del pubblico, e nemmeno l'incontro con il grande vecchio Cale e il suo inconfondibile Tulsa-sound lo redime da questo peccato, se così lo vogliamo considerare. Tracce come Missing Person potrebbero così suonare un poco vuote, ma la perfezione tecnica e l'intesa eccezionale fanno, nonostante tutto, battere il piede e fischiettare il motivetto.
Strabiliante, allo stesso modo, il risultato che i bluesmen riescono a raggiungere duettando nel corso dell'album: in tracce come Heads in Georgia o So Easy due voci così idiosincratiche trovano un'esatta, inimmaginabile intesa, quasi ad abbracciarsi in un vortice melodico che però non snatura le rispettive personalità. Insomma: disco assai valido, certo non rivoluzionario, ma frutto di un incontro che più di così non poteva dirsi così fortunato.

Giulio Cisamolo

Da MusicBoom.it

1 commento:

Beat Cippe ha detto...

basta giuggiù!!! ma quanti ne vuoi aprire??!! l'isola di sdc spacca comunque.. davvero bella!!