mercoledì 4 luglio 2007

B.R.M.C., Baby 81

Uno tsunami noise, stomp e r'n'r
di
Giulio Cisamolo

Che cosa è rimasto dei Black Rebel Motorcycle Club di una volta?Li abbiamo conosciuti con un album d'esordio, “B.R.M.C.” (2000), che aveva fruttato loro un contratto con la Virgin e lo schiamazzare di migliaia di fan grazie al sound piuttosto vintage, al noise preponderante e allo shoegaze che ne faceva roba da intellettuali.
Li abbiamo seguiti con “Take Them On, On Your Own” (2003), che non ci ha convinto più di tanto, forse perchè era scomparsa quella vena di psichedelia trascendentale per lasciare posto ad un rock nudo e crudo.
Li abbiamo premiati con la nostra fiducia sperando in “Howl” (2005), album in cui il gruppo, libero da vincoli discografici, ha virato al blues ed allo stomp.
Dunque cosa resta di loro? Restano i soliti tre ragazzi (Peter Hayes, voce, chitarra, armonica, basso, tastiere, autoharp, harmonium, Robert Turner, voce, basso, chitarra, tastiere, Nick Jago, batteria) che sanno ancora stupirci e che, giunti al quarto album, dimostrano di essere cresciuti. “Baby 81” colpisce a partire dal titolo: l’allusione è infatti al neonato sopravvissuto allo tsunami del 2005 e oggetto di contesa da parte di due famiglie sulle quali si era scatenato il circo mediatico statunitense.
Il noise degli esordi c'è ancora, come pure lo shoegaze, ma con parsimonia, non oscura niente e fa un bel contorno. Il rock polveroso che ce li lascia immaginare in sella ad Harley Davidson su strade deserte, sì, abbiamo pure quello. Ma più di tutti, la lezione del blues e dello stomp sembra essere stata imparata a dovere, tanto che quest'album risulta maturo ma sbarazzino allo stesso tempo, potente ma sobrio, folle ma incredibilmente misurato.
Se dovessimo trovare un brano legato agli esordi della band certamente sceglieremmo quello d'apertura, Took Out A Loan: il suono è di quelli buoni da garage, lo shoegaze resta ma condito da un po' di sano r&r. Se dovessimo raccontare invece di come sia ascoltare “Howl” prenderemmo a prestito 666 Conducer, il falsetto di Killing The Light, e la conclusiva Am I Only, con le rispettive atmosfere meditative e la nuvoletta di fumo che si alza leggera nella stanza: l'esperienza del lavoro precedente sembra essere stata messa completamente a frutto, portando la band a comporre impegnative ballate folk.
Resta da parlare di brani come Berlin, Weapon Of Choice (primo singolo estratto) e Need Some Air. Sapete che vi dico? Non ve ne parlo affatto. Me ne vado di là a cantarli a squarciagola.
L'unica mancanza che non sentiremo sarà quella per il parallelo “B.R.M.C. - Jesus and Mary Chain”; bollati dalla critica sin dagli esordi come un gruppo clone di quello più famoso scozzese, hanno faticato molto perchè le loro sonorità noise venissero considerate “altro” rispetto a quelle di William e Jim Reid. Il sound ora è più meditato: l'attitudine shoegaze rimane, ma mediata da un ferreo credo nel rock'n'roll come non se ne fa più da tempo e dall'attitudine soul dimostrata con l'album precedente.
L'album della maturità, potremmo già chiamarlo, se non fossimo sicuri che con il prossimo sapranno stupirci nuovamente.

Da Musicboom.it

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