mercoledì 16 maggio 2007

Bryan Ferry, Dylanesque

Se domani mattina il maestro Dylan dovesse svegliarsi e decidesse di re-incidere alcuni dei suoi pezzi più famosi, molto probabilmente registrerebbe un disco con un mood come questo.

Bryan Ferry torna alla sua grande passione, quella delle cover, decidendo di omaggiare il cantautore per eccellenza della storia americana. Se oggi riusciamo a guardare ad un album interamente composto da cover senza inorridire, sicuramente lo dobbiamo al coraggio e all’intraprendenza di Ferry nei primi anni settanta: già mentre si esibisce con i Roxy Music, pubblica infatti rifacimenti di pezzi di Dylan (A Hard Rain’s A-Gonna Fall, contenuta nell’album “These Foolish Things, 1973).
Il progetto “Dylanesque”, come sostiene lo stesso Ferry, nasce molto lontano: la tentazione di un album interamente votato a Dylan c'era già da parecchi anni, e lo testimoniano i frequenti tributi al maestro, segnati dalle influenze del periodo in cui sono interpretati; tuttavia il progetto era troppo ambizioso, o per lo meno così è sembrato sino al 2007, quando Bryan è finalmente entrato in studio e ne è uscito tenendo tra le mani questo CD.
Un album che raccoglie le pietre miliari della musica che siamo abituati a sentire passare nelle radio tra i pezzi oldies: undici tracce, ognuna delle quali meriterebbe un paragrafo a parte. Se ricordiamo le canzoni del Menestrello per le melodie spoglie ed essenziali, in questi nuovi arrangiamenti troviamo riff solidi e ben torniti da un impiego massiccio di chitarre e tastiere; ciò si avverte in tracce come The Times They’re A-changin’: originariamente contenuta nell’album omonimo, alla povertà della registrazione di Dylan (un solo di chitarra e armonica) Ferry risponde con un pesante uso di tastiere e sintetizzatori. Anche un pezzo come Knockin’ On Heaven’s Door non esce indenne dagli arrangiamenti dell’ex Roxy Music, che risolleva il pezzo dall’atmosfera greve e pesante, per un ascolto decisamente più easy. A chiudere l'album un pezzo eseguito anche da Jimi Hendrix: All Along the Watchtower; forse una delle registrazioni sulle quali Ferry si è più lasciato andare discostandosi dall'originale, ma che probabilmente risente in maniera massiccia dei rifacimenti subiti.
Proseguendo nell'attività che conosce bene, mentre canta queste canzoni Bryan Ferry non si lascia ammaliare dal cantautore Dylan, cercando una interpretazione il più personale possibile, raggiunta con gli arrangiamenti del tutto innovativi rispetto alle forme originali; dal sentimento originale passiamo così quasi al soul di colore, carico di emozioni e vibrante di sentimento.
Anche se non eravate proprio entusiasti della voce di Ferry nei Roxy Music, questo album merita certamente un posto nella vostra collezione. Non fosse altro che raccoglie tutta la passione e l'ammirazione per il cantautore, Mr. Bob Dylan.

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